Il biologico è sinonimo di sostenibilità, salubrità e rispetto per l’ambiente. Tuttavia, talvolta il marketing ha avuto il ruolo del distorcere il concetto semplicemente per vendere di più.
I luoghi comuni del biologico
I luoghi comuni del biologico
Cos’è un alimento biologico?
Per comprendere i luoghi comuni legati agli alimenti biologici, è fondamentale partire dalla loro definizione ufficiale. Gli alimenti biologici sono disciplinati a livello europeo dal Regolamento (UE) 2018/848, che stabilisce norme chiare per la produzione, la distribuzione e l’etichettatura dei prodotti biologici. Secondo tale regolamento, un alimento può essere definito biologico se:
- Proviene da sistemi di produzione agricola che rispettano i cicli naturali e promuovono la biodiversità.
- Limita l’uso di fattori di produzione esterni e, se ritenuto necessaio, è previsto l’uso di fattori di origine biologica, sostanze naturali, concimi minerali a bassa solubilità.
- Non impiega organismi geneticamente modificati (OGM).
- Rispetta standard elevati di benessere animale, garantendo condizioni di allevamento appropriate e alimentazione biologica.
In sintesi, il biologico è sinonimo di sostenibilità, salubrità e rispetto per l’ambiente. Questo modello produttivo è pensato per minimizzare l’impatto sull’ecosistema e promuovere un uso responsabile delle risorse naturali.
I trend di consumo in Italia negli ultimi 5 anni
Negli ultimi anni, il mercato del biologico ha conosciuto una crescita significativa in Italia. Secondo i dati forniti dal Rapporto Bio Bank 2023 e le analisi di Nomisma, il settore del biologico ha registrato un aumento costante delle vendite, sia nella grande distribuzione organizzata (GDO) che nei canali specializzati.
Alcuni dati chiave:
- Crescita della spesa biologica domestica: dal 2018 al 2023, la spesa per prodotti biologici è aumentata del 33%, raggiungendo un valore complessivo di circa 5 miliardi di euro.
- Espansione della superficie coltivata: oggi circa il 17% della superficie agricola utilizzata (SAU) in Italia è dedicata all’agricoltura biologica, una percentuale ben superiore alla media europea.
- Adozione da parte della GDO: i supermercati e gli ipermercati rappresentano il 56% del mercato biologico, seguiti dai negozi specializzati (22%) e dai mercati diretti (12%).
- Nuovi segmenti di consumo: sono in crescita i prodotti biologici pronti al consumo, come snack, bevande e piatti pronti, a dimostrazione dell’interesse dei consumatori per la praticità unita alla sostenibilità.
Questi numeri evidenziano come il biologico stia diventando una scelta sempre più diffusa, non più limitata a nicchie di consumatori particolarmente attenti alla sostenibilità.
I principali luoghi comuni del biologico
Nonostante il successo del settore, il biologico continua a essere bersaglio di numerosi luoghi comuni, che possono influenzare e persino distocere la percezione del pubblico. Ecco i principali:
1. “Il biologico è sempre più sano”
Uno dei luoghi comuni più diffusi è che i prodotti biologici siano intrinsecamente più sani rispetto a quelli convenzionali. Tuttavia, non esistono prove scientifiche conclusive che dimostrino che il consumo di alimenti biologici abbia benefici diretti per la salute rispetto ai prodotti convenzionali.
2. “Il biologico non usa pesticidi”
Un altro mito è che il biologico sia completamente privo di fitofarmaci. In realtà, anche nell’agricoltura biologica è consentito l’uso di alcune sostanze chimiche di origine naturale, come il rame o lo zolfo. Tuttavia, questi sono regolamentati in modo molto rigoroso per minimizzarne l’impatto ambientale.
3. “Il biologico è sempre migliore per l’ambiente”
Sebbene il biologico promuova pratiche agricole sostenibili, è importante riconoscere che ha anch’esso delle criticità. Ad esempio, le rese delle colture biologiche sono spesso inferiori rispetto a quelle convenzionali, il che può comportare un utilizzo maggiore di terra per produrre la stessa quantità di cibo.
4. “Il biologico è solo una moda”
Questo luogo comune è legato alla percezione che il biologico sia un’invenzione recente, spinta dal marketing. In realtà, l’agricoltura biologica si basa su principi tradizionali che risalgono a prima dell’avvento dell’agricoltura intensiva moderna.
5. “Il biologico è troppo caro”
Il costo dei prodotti biologici è generalmente più alto, ma ciò è dovuto a una serie di fattori: processi produttivi più lunghi, rese inferiori e controlli più stringenti. Tuttavia, il prezzo più elevato non è sempre giustificato, e talvolta i margini di guadagno aggiuntivi derivano prevalentemente da strategie di marketing.
Il ruolo del marketing nella diffusione dei luoghi i comuni
Il marketing ha giocato un ruolo fondamentale nella costruzione dell’immagine del biologico, contribuendo in alcuni casi a diffondere false credenze. Alcuni esempi:
- Strategie di comunicazione basate sull’emotività: molti brand utilizzano immagini di fattorie idilliache, campi verdi e animali felici per evocare un senso di purezza e naturalità. Questo approccio, sebbene efficace, spesso semplifica eccessivamente la realtà della produzione biologica.
- Uso di claim generici: termini come “100% naturale” o “senza chimica”, pur non regolamentati, vengono spesso associati al biologico, creando confusione nel consumatore.
- Packaging premium: i prodotti biologici vengono spesso presentati in confezioni accattivanti e minimaliste, che trasmettono un’idea di qualità superiore e giustificano il prezzo più elevato.
- Greenwashing: in alcuni casi, aziende non propriamente biologiche utilizzano tecniche di marketing per apparire più sostenibili di quanto siano realmente, sfruttando l’interesse crescente dei consumatori per la sostenibilità.
Conclusioni
Il settore del biologico rappresenta una componente importante del panorama agroalimentare contemporaneo, con un impatto significativo sul consumo e sulla produzione sostenibile. Tuttavia, è fondamentale affrontare con spirito critico i luoghi comuni e le percezioni diffuse, promuovendo un’informazione chiara e basata su dati concreti.
Il biologico non è una panacea per tutti i problemi dell’agricoltura, ma può rappresentare una valida alternativa nell’ottica di un consumo più consapevole. Per fare scelte informate, è essenziale andare oltre le apparenze e approfondire la conoscenza di questo modello produttivo, distinguendo tra realtà e narrazioni di marketing.
Classe 1980, tecnologa alimentare, consulente e formatrice per operatori del settore. Nel 2005 ha conseguito la laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari presso la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano. È autrice di articoli, manuali tecnici e realizza corsi di formazione per operatori del settore alimentare.