Listeria monocytogenes è un batterio ubiquitario, capace di resistere e proliferare anche alle basse temperature e in grado di ricontaminare alimenti cotti. Scopri di più in questo articolo.
Listeria monocytogenes negli alimenti
Listeria monocytogenes negli alimenti
Listeria monocytogenes negli alimenti: in questo articolo parliamo di un genere di batteri Gram positivi che comprende diverse specie di interesse, tra cui Listeria monocytogenes, L. ivanovii raramente patogeno per gli esseri umani, L. innocua, L. welshImeri e L. seeligeri.
Si tratta di un batterio anaerobio facoltativo, mobile a 25°C, non mobile a 35°C. Microrganismo ampiamente distribuito, isolato dal suolo, feci umane e di altri animali, ambienti delle aziende alimentari, ambiente acquatico.
Oltre ad essere praticamente ubiquitaria e quindi provenire da fonti molto diversificate, Listeria monocytogenes presenta anche altre caratteristiche peculiari come:
- la capacità di sopravvivere e proliferare anche a temperature di refrigerazione e in condizioni avverse per altri batteri
- la capacità di ricontaminare i prodotti alimentari anche dopo che questi hanno subito un trattamento listericida (ad esempio una cottura).
Questa seconda caratteristica è considerata uno dei maggiori problemi di sicurezza alimentare legati a Listeria.
Come abbiamo anticipato, Listeria monocytogenes è ubiquitaria e l’ambiente è il principale serbatoio. Si può trovare sia in alimenti crudi che trasformati, contaminati durante e/o dopo la lavorazione (cross-contamination), e può essere presente in alimenti anche di natura molto diversa: pesce affumicato, carne cruda, formaggi, ortaggi freschi.
Gli alimenti a più alto rischio sono quelli che hanno subito una manipolazione importante (affettati, macinati, porzionati) e che rappresentano terreno favorevole alla crescita.
Terreno favorevole o non favorevole?
Un operatore del settore alimentare alle prese con la gestione del pericolo biologico Listeria sa molto bene che per tenere sotto controllo la contaminazione deve:
- da un lato gestire in modo corretto le operazioni di sanificazione degli ambienti e delle attrezzature,
- dall’altro deve conoscere le caratteristiche chimico-fisiche del prodotto alimentare e la sua destinazione d’uso.
Listeria monocytogenes è uno di quei microrganismi in grado di colonizzare gli ambienti di lavorazione delle industrie alimentari, contaminando sia le superfici a contatto (FCS) che non a contatto (NCFS).
Il batterio riesce a insediarsi e a creare delle nicchie ecologiche che permettono poi di svilupparsi (canali di drenaggio, pozzetti, scarichi, etc.). La formazione di tali nicchie, difficilmente raggiungibili durante le operazioni di pulizia e sanificazione, appare il fenomeno più importante di colonizzazione dell’ambiente di lavoro.
Le operazioni di pulizia con acqua in pressione, l’aerosolizzazione, la percolazione di condensa, il personale (suole delle scarpe, passaggio da NCFS a FCS tramite la manipolazione), i filtri dell’aria usata per la pulizia in pressione permettono la successiva contaminazione degli alimenti.
Al fine di incrementare la possibilità di rilevare ceppi persistenti, il campionamento delle superfici viene eseguito durante l’attività lavorativa e non su superfici già sanificate.
Perchè è così importante conoscere il prodotto alimentare? Proprio per valutare la capacità dell’alimento di supportare o meno la crescita.
Supportare la crescita di Listeria monocytogenes: cosa significa?
Prima nel 2007 e poi nel 2009 la Commissione del Codex Alimentarius ha proposto il seguente criterio al fine di qualificare un alimento pronto al consumo (RTE) come terreno favorevole alla crescita di L. monocytogenes:
Alimento che supporta la crescita:
«Un alimento RTE (Ready To Eat) in cui vi è un incremento superiore alla media di 0,5 log ufc rispetto al livello iniziale dell’organismo durante il periodo di conservazione previsto, in condizioni ragionevolmente prevedibili di distribuzione, conservazione e consumo, e includendo anche un ulteriore margine di sicurezza»
La nota 8 dell’allegato I capitolo 1 del Reg. CE 2073/2005 fornisce la seguente definizione per quei prodotti considerati terreno NON favorevole:
“I prodotti con pH ≤ 4,4 o aw ≤ 0,92, i prodotti con pH ≤ 5,0 e aw ≤ 0,94, i prodotti con un periodo di conservabilità inferiore a 5 giorni sono automaticamente considerati appartenenti a questa categoria”.
Pertanto, i parametri che occorre monitorare con attenzione sono proprio pH e attività dell’acqua.
Se l’alimento in questione presenta le caratteristiche chimico-fisiche di “terreno favorevole” alla crescita (quindi pH superiore a 4,4 o aw superiore a 0,92, pH superiore a 5 e aw superiore a 0,94) e il suo consumo avviene tale e quale senza ulteriori trattamenti listericidi, siamo di fronte a un prodotto RTE (Ready To Eat).
L’OSA deve determinare la stabilità microbiologica dell’alimento e per farlo ha a disposizione diversi strumenti: dati storici, bibliografia, challenge test/test di durabilità, microbiologia predittiva.
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Classe 1980, tecnologa alimentare, consulente e formatrice per operatori del settore. Nel 2005 ha conseguito la laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari presso la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano. È autrice di articoli, manuali tecnici e realizza corsi di formazione per operatori del settore alimentare.